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EMERGENZA COVID-19 - Test seriologici in fase di valutazione

Aggiornamento del 14 Aprile 2020

Si informa la gentile clientela che il Gruppo U.S.I. sta valutando la possibilità di eseguire il dosaggio degli anticorpi connessi al COVID-19, tramite test sierologici in grado di rilevare se il paziente è attualmente - oppure è stato in passato - infettato dal virus.
 
La situazione è complessa ed in continua evoluzione poiché il COVID-19 è un virus nuovo, mai identificato prima nell’uomo. 
 
U.S.I., pur avendo avuto modo di valutare numerosi test sierologici rapidi forniti dalle aziende di diagnostica per la rilevazione qualitativa (positiva o negativa) degli anticorpi IgG e IgM, ha deciso di non renderli disponibili poiché ritiene che al momento non è quantificabile con precisione il titolo anticorpale e, pertanto, essi non garantiscono standard di qualità per risultati attendibili.
 
L’emergenza coronavirus sta entrando nella Fase 2 finalizzata ad un graduale ritorno alla normalità, seguiamo la rapida evoluzione della situazione con estrema attenzione e, non appena saranno disponibili test in grado di garantire idonei livelli di attendibilità e affidabilità, saremo pronti a renderli fruibili alla nostra utenza al fine di conoscere meglio la reale diffusione dell’epidemia.


APPROFONDIMENTO

16 Aprile 2020

Di seguito riportiamo l'articolo del Dott. Andrea Limiti, Cardiologo presso i centri U.S.I.

Da molti anni sono a disposizione della medicina del territorio e nei reparti di emergenza dei Kit di laboratorio in grado di fornire delle risposte rapide in grado di orientare, in pochi minuti, gli operatori sanitari in situazioni di incerta diagnosi nella finalità, non tanto di ottenere una diagnosi definitiva, ma soprattutto per decidere una strategia diagnostica da seguire per arrivare ad un corretto inquadramento clinico-terapeutico.  Questi tipi di kit diagnostici sono di tipo qualitativo esprimendo un risultato positivo o negativo.  Cosa ben diversa sono i più affidabili test di tipo quantitativo di esclusiva pertinenza laboratoristica che risultano più accurati nel risultato finale esprimendosi con un valore numerico che potrà essere o meno contenuto entro un range di normalità ed il cui risultato verrà peraltro validato sia da controlli di qualità intralaboratorio che interlaboratorio.
 
Tornando ai test qualitativi (positivo/negativo) quelli maggiormente usati, negli anni passati, sono senza dubbio quelli ad uso cardiovascolare e tra questi, quelli più avanzati, consentono una rapida determinazione della TROPONINA ultrasensibile e del DDimero; il primo consente la determinazione di una sostanza rilasciata dal cuore in corso di infarto del miocardio ed il secondo di una sostanza presente in circolo in caso di embolia polmonare.  Nella mia attività quotidiana l’uso di questo ausilio diagnostico mi accompagna da più di 10 aa e proprio per questa mia lunga esperienza voglio condividere, con chi leggerà questo scritto, alcune riflessioni che, in corso dell’attuale pandemia e purtroppo con l’incessante pubblicazione di fake news, credo siano di particolare interesse. Tornando brevemente ai kit diagnostici rapidi ad uso cardiovascolare questi comunque non sono mai in grado di darci una diagnosi certa, positivi o negativi che siano.  Vi porto due esempi.  Se vi recate da un sanitario per un sospetto infarto, salvo un eclatante quadro elettrocardiografico o strumentale, vi verrà eseguita una determinazione della troponina, laddove disponibile, ma badate bene se questa risulterà negativa continueranno a non fidarsi e ve la ripeteranno in modo seriato nel tempo. Se risulterà positiva si comincerà un iter diagnostico per escludere un infarto ma a volte le vs coronarie risulteranno sane e si addiverrà ad una diagnosi diversa. Ancora più eclatante è l’esempio della determinazione del DDimero che usiamo in caso di sospetta embolia polmonare. Infatti seppur vero che un picco di tale sostanza è tipica nell’embolia polmonare una sua positività si può avere in tante altre situazioni cliniche che nulla hanno a che fare con l’embolia riflettendo ad esempio una compromissione della funzionalità renale così come una sua negatività potrebbe riflettere una concentrazione molto bassa nel sangue, al di sotto della capacità della metodica di “visualizzarla”.
Sarà sempre il Curante che, tenuto conto anche della clinica, degli altri parametri di diagnostica strumentale in suo possesso e della conoscenza del Paziente, deciderà quale sarà l’ulteriore iter clinico per addivenire ad una corretta diagnosi.
 
A tutt’oggi, tenendo in mente queste considerazioni, l’uso in campo cardiovascolare dei kit di laboratorio rapidi, sono quindi un aiuto valido se a questi però si sappia dare il giusto significato. Ma mi preme esprimere un’altra considerazione. La disponibilità in campo cardiologico di tale ausilio ci ha permesso, negli anni, di validare e non solo sul “campo” ma anche con studi scientifici decennali la loro validità facendoci lavorare, sempre con le premesse di cui sopra, un po’ più serenamente nel momento in cui dobbiamo prendere decisioni in pazienti con una clinica non esaustiva per una corretta diagnosi.
Recentemente l’attuale pandemia da SARS COVID 19 sta creando, fuori dei canali d’informazione ufficiali e spesso a mezzo di passa parola telematici, delle aspettative eccessive da kit diagnostici in grado di determinare velocemente la presenza di anticorpi generati nell’organismo da un’infezione in essere o pregressa da coronavirus. Ne è riprova che le ns Istituzioni Sanitarie stanno ancora decidendo se prendere in considerazione il suo utilizzo ( ma in qs caso per studi di popolazione ) e comunque non hanno ancora deciso quale sia il test più affidabile  ed univoco da proporre su scala nazionale non avendo tali KIT una consolidata letteratura di supporto.
A tutt’oggi infatti non esistono Kit raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, o da altri Enti preposti alla salute pubblica Italiani o Europei. 
Così come per i kit rapidi cardiologici il test deve comunque essere certificato CE ed essere approvato dal Ministero della Salute che ne vaglierà preventivamente i requisiti secondo la normativa vigente ed al quale potremmo sempre chiederne documentazione. Bisognerà quindi in primis diffidare nel modo più assoluto di Kit di provenienza non ufficiale che non offrano tali garanzie.
Ciò premesso tali Kit non sono tutti eguali in termini di specificità ( intesa come la capacità di un test individuare un soggetto veramente sano ), sensibilità ( intesa come la capacità di un test di individuare un soggetto veramente malato) e di accuratezza (intesa come la concordanza tra l’osservazione effettuata ed il valore reale di quanto osservato ). 
Il tutto viene a complicarsi dal fatto che stiamo ricercando un qualcosa che conosciamo poco e di cui, almeno alla data odierna, non abbiamo certezze assolute in termini biochimici e fisiopatologici. 
Quindi al contrario del campo cardiovascolare, dove abbiamo sempre una seconda metodica da mettere in gioco a darci una mano, nel caso della pandemia attuale una determinazione anticorpale non suggerita dal proprio Curante potrebbe mettere ancora più in affanno il sistema sanitario nazionale oltre a creare paure o certezze immotivate.
Per rendere la diagnosi più sensibile, sempre qualora vi sia un’espressa richiesta da parte del Curante, potremmo allora prevedere una determinazione laboratoristica più accurata ricorrendo a laboratori certificati con rigidi protocolli di qualità sia intralaboratorio che interlaboratorio (spesso questo si verifica con i più importanti centri ospedalieri su scala nazionale  come il Centro di Virologia del Careggi di Firenze per i centri U.S.I.) ma soprattutto con metodiche di laboratorio avanzate (ELISA) che arrivano ad una specificità nella determinazione delle IgG vicina al 100%. 
 
In tutti i casi, nell’interpretazione, dei risultati bisogna tenere a mente poche ma fondamentali regole per non intercorrere in gravi errori interpretativi. I test attualmente in uso determinano due tipi di anticorpi generati dal coronavirus: le IgM e le IgG.
Le prime vengono prodotte nelle primissime fasi dell’infezione, le seconde rappresentano in qualche modo la memoria dell’organismo all’infezione stessa.
 
  • Tutti i test possono avere un’interferenza crociata con altri virus come ad esempio quelli della SARS-COVID (la forma attuale è il COVID 19 dove Co sta per corona, VI per virus e 19 sta per 2019 l’anno in cui è stato isolato ), o con i virus influenzali di tipo A e B; quindi un test positivo potrebbe, se non eseguito in centri di alto livello, essere in realtà un falso positivo cosa che ci porterebbe a richiedere l’esecuzione di un tampone in almeno due determinazioni.
  • La negatività di un test potrebbe essere un falso negativo se l’esame viene eseguito nel periodo di incubazione della malattia, quindi dovrà essere necessariamente ripetuto a distanza di almeno 7 gg.
  • La negatività di un test potrebbe non necessariamente esprimere una mancata infezione. Secondo alcuni virologi infatti alcune persone potrebbero rispondere, ossia difendersi dal virus, non tanto con una reazione anticorpale quanto con una difesa cellulare. Non solo, ma non sapendo in realtà dopo l’infezione quale sia la persistenza in termini temporali delle IgM in circolo anche una loro assenza, contestualmente a delle igG negative, deve essere saputa interpretare.
  • La contemporanea presenza di positività per i due tipi di anticorpi invece (IgG ed IgM) rende l’infezione altamente probabile (altissimo valore predittivo positivo).
  • La positività del test per le IgG esprime un’immunità verso il virus di cui tuttavia non se ne conosce la durata nel tempo.
  • Secondo alcuni virologi la positività verso le IgG (anticorpi della memoria) potrebbe non essere sufficiente a proteggere l’organismo da una successiva reinfezione (si pensi al caso della varicella zoster) o ai casi in cui il paziente dopo due tamponi positivi presenta delle ricadute.
 
Tenuto in considerazione quanto sopra si torna a consigliare di non eseguire test diagnostici, se non altamente affidabili e se non dietro espressa richiesta del proprio Curante poiché solo questi, avendo ben note tutte le problematiche sopra espresse, saprà poi gestire in maniera corretta il risultato integrandosi con i protocolli operativi in essere attualmente vigente dal SSN per la pandemia in corso.
 
Dott. Andrea Limiti